Una delle voci più autorevoli del settore fuoristrada (e non solo) ha scritto una lunga lettera tirando in ballo i vertici. Un intervento importante per capire cosa si rischia.
Paolo Alberati non è mai stato un personaggio banale. Scopritore di talenti da tutto il mondo (il vincitore del Tour de France, Egan Bernal, un esempio su tutti), organizzatore, giornalista, un vero appassionato della bicicletta che ha lanciato un grido di dolore allarmante nei giorni scorsi.
Dopo la cancellazione anche della Sila Epic, gara marathon di 100 km in MTB che era in programma a Camigliatello Silano il prossimo 23 agosto, ha preso idealmente carta e penna. Riportiamo alcuni stralci da parte di colui che ha recentemente aderito anche all'ACOFI (Associazione Ciclisti Organizzatori Fuoristrada Italiani), che si è proposta come portavoce del movimento con la FCI per dare nuovo slancio al settore fuoristrada.
“L'inedia è una grave riduzione nell'apporto di vitamine, nutrienti e in generale di energia all'organismo umano – scrive Alberati – E' la forma più estrema di malnutrizione. Negli esseri umani, uno stato di inedia prolungata (oltre uno-due mesi) causa danni permanenti agli organi e può anche portare alla morte (Wikipedia). In tempi di Coronavirus la Sila Epic è stata lasciata morire per inedia. Partiamo da una “semplice” gara di mountain bike per offrire un crudo spaccato sullo sport nazionale. Gli organizzatori qualche settimana fa erano ancora speranzosi, ma a Natalino Le Rose e a tutti gli amici della Sila a cui va la mia vicinanza e disponibilità collaborativa per il futuro, sono mancate le vitamine, i nutrienti fondamentali per avere energia nel meccanismo organizzativo.
Il Governo di questo bellissimo ma maledetto Paese, un Governo che causa danni permanenti agli organi e può portare anche alla morte, non ha dato né vitamine né nutrienti. E neanche una pacca sulla spalla. Niente. Non si chiedevano soldi; non si chiedevano braccia per montare transenne; non si chiedevano favori nel sottobosco: si chiedeva visione, coraggio, responsabilità. In una parola: dirigenza”.
E poi ancora: “Vogliamo progettare il futuro, nel frattempo il bastardo (Covid-19) è regredito inesorabilmente e la sua parabola è segnata: i suoi giorni sono contati, come le ore di un gelato che si scioglie al sole. Camigliatello Silano è in Calabria, oggi 6 giugno in Calabria 0 (ZERO) nuovi contagi, 0 (ZERO) pazienti in terapia intensiva, 91 positivi in totale: la situazione è questa, stabile, profondo ZERO da giorni e giorni. La Calabria confina con la Basilicata che oltre che lo 0 (ZERO) nei nuovi contagi e nei pazienti in terapia intensiva, aggiunge lo ZERO anche negli ospedalizzati ed un chiaro, limpido, incontrovertibile, non camuffabile numero: 399 positivi in tutto da inizio pandemia. Anche qui la sitazione è stabilmente a ZERO da settimane.
Con una dinamica di contagi come questa, con una previsione oggettiva come questa, fra 77 giorni non si può pensare di organizzare una manifestazione sportiva con meno di 1000 partecipanti, per lo più tutti provenienti dalle limitrofe regioni appena citate? La risposta oggi è NO, perché gli esperti (sic), quelli che non sapevano che c'era il virus quando questo era già presente, quelli che non vedono e non sanno che oggi il virus sta scomparendo, questi stessi luminari hanno previsto oggi che il virus ad ottobre ritornerà.
Abbiamo grande rispetto e attenzione per le regioni del nord che ancora faticano a pensare positivo con una luce ancora fioca di ripresa, ma ora è il sud che chiede di fare, lavorare, ripartire anche per il nord. Immagino (ho fondate ragioni di pensare che sia così e non voglio pensare che sia diversamente) che la Federazione Ciclistica Italiana abbia in mano Protocolli per la ripartenza, magari condivisi e mediati dalle altre Organizzazioni Sportive (anche quelle delle Nazioni limitrofe) e sapete perché gli Organizzatori, gli Atleti, i Team Manager, gli Imprenditori del pedale, i pedalatori appassionati non li hanno già tra le mani questi protocolli?
Semplicemente perchè il super governo oggi dichiara che intende mantenere lo stato di emergenza per un tempo futuro indefinito ed incerto, impedendo quindi i famigerati assembramenti, togliendo ossigeno vitale ad ogni intento organizzativo nelle prossime settimane e mesi: togliendo il respiro. Il motivo? Timore del contagio? Dai, suvvia, apriamo gli occhi... Quale metodo migliore se non questo, per mantenere saldo il bastone del comando? Quindi una Italia pronta a ripartire, energica, vogliosa di fare, soprattutto competente diventa un problema. Noi siamo lo sport, abituati a incontrare difficoltà, ma soprattutto capaci di superarle.
Questa non è eutanasia, non stiamo avvicinandoci ad una “dolce morte”, ma bensì ad una morte da pavidi, incapaci, inetti. La mia idea è questa, la mia voce è chiara: io lotto per un futuro migliore mio, dei miei figli, del mio sport e non mi arrendo. Se siete della stessa idea, facciamo massa critica, non ci nascondiamo dietro al timore di fare, perché l'alternativa è una sicura morte per inedia”.
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