Riccò dopo la squalifica a vita: "Il ciclismo è cambiato, ma ancora non sono tutti alla pari"

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Stradal'intervista

Riccò dopo la squalifica a vita: "Il ciclismo è cambiato, ma ancora non sono tutti alla pari"

L'ex corridore modenese ha parlato nel corso della diretta instagram di Lello Ferrara. "Non farò ricorso, ormai ho un'altra vita anche se ogni tanto seguo ancora le corse".

Ieri la notizia della squalifica a vita, terzo ciclista della storia a subire una sentenza del genere dopo Lance Armstrong e Danilo Di Luca.

Se lo stop precedente, con inibizione da ogni attività, era valido per 12 anni e sino al 2024 (per l'autoemotrasfusione del 2011 dopo la quale rischiò la vita), ora per Riccardo Riccò il tribunale nazionale antidoping ha stabilito una radiazione, pure con una multa di 4mila euro, che chude definitivamente il suo rapporto professionale con quel mondo del quale è stato un grande protagonista soprattutto tra il 2007 e il 2008, astro nascente con le vittorie al Giro e al Tour, il podio nella corsa rosa del 2008 e il sogno della maglia gialla infranto con quella positività che, di fatto, ha sancito a soli 25 anni la fine anticipata della carriera.

Il modenese, che da anni ha aperto un'attività di gelateria (di ottimo successo), prima a Tenerife e ora con la moglie Melissa a Vignola, è intervenuto nel corso del tradizionale appuntamento social del lunedì organizzato dall'ex pro Lello Ferrara. “Certo non è piacevole tornare sui giornali come se fossi ancora coinvolto in qualcosa, ma non è cambiato nulla di ciò che già sapevamo. Avevo parlato giovedì scorso in video conferenza con il tribunale e sinceramente non mi interessa più di tanto della squalifica a vita, essendo già uscito definitivamente da questo mondo. Non farò neppure ricorso”.

Riccò ha parlato della sua attuale visione del ciclismo, che considera certamente molto più pulito di quello dei suoi tempi, ma che vorrebbe cambiasse ancora: “I corridori si ritrovano con istituzioni guidate da persone anziane, con una mentalità che non va più bene per ciò che va affrontato. Il mondo è cambiato, ma siamo sempre in mano ai soliti. Il doping? Sicuramente la situazione è cambiata molto, ma da un certo punto di vista è pure peggio perchè le squadre più potenti hanno un vantaggio enorme potendosi permettere mezzi e persone inarrivabili per altre squadre.

Non sono più nell'ambiente, sento poco anche gli ex colleghi, ma vedendo le gare mi sono fatto l'idea che la differenza è comunque troppo grande. E aggiungo che sarebbe ora di smetterla di tartassare i corridori in Italia, mentre in Spagna e Belgio non è mai stato così”.

Il “Cobra di Formigine” ha confidato anche di aver vinto senza aiuti, almeno per brevi periodi: “Quando vinsi la tappa alle Tre Cime di Lavaredo, arrivando 5° nella generale al Giro del 2007, non ho toccato una medicina per le tre settimane di corsa. Avevo valori allucinanti, ero distrutto anche se in precedenza mi ero “preparato”, ma a differenza di molti altri non mi curavo durante il Giro e vi assicuro che, senza prendere nulla, era quasi impossibile competere alle corse di massimo livello. Cosa direi a mio figlio di 11 anni, se mi chiedesse di fare il corridore? Semplicemente di stare attento, perchè il ciclismo è lo sport più bello del mondo, ma i suoi problemi nascono da tutto ciò che lo contorna”.

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