Il post Roubaix di un Van der Poel in cima al mondo, la frustrazione di Van Aert e un Ganna in parte deluso

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Il post Roubaix di un Van der Poel in cima al mondo, la frustrazione di Van Aert e un Ganna in parte deluso

Parola ai protagonisti dell'Inferno del Nord. Il vincitore: "Una delle mie migliori giornate in bicicletta, dispiace per Degenkolb ma in quel momento non potevo fare nulla". Il belga, ancora sul podio ma con una sola monumento in bacheca: "Avevo controllato bene Mathieu, poi quella foratura...". Il verbanese si lamenta di "alcuni colleghi che lamentavano crampi e poi hanno fatto lo sprint", ma ammette di aver sofferto tantissimo negli ultimi 30 km.

Una Parigi-Roubaix straordinaria, non tanto e non solo perchè è risultata nettamente la più veloce della storia, alla sua edizione numero 120, quanto perchè ci ha regalato, almeno sino all'uscita del Carrefour de l'Arbre, il momento decisivo della regina della classiche a 15 km dal velodromo, un confronto tra giganti che sembrava poi ridotto al duello tanto atteso, quello tra Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert.

Tutto si è fermato nel momento in cui la ruota posteriore del belga della Jumbo-Visma ha perso di pressione, con WVA che ha ceduto qualche metro all'eterno rivale, per poi cambiare subito lo pneumatico appena arrivato sul breve tratto in asfalto che ricollega col nuovo settore di Gruson. Almeno 30 secondi persi di colpo, poi il furibondo tentativo di rimonta, staccando di ruota tutti quanti tranne Jasper Philipsen, che ha tolto a Van Aert pure il 2° posto, regalando all'Alpecin una doppietta storica.

E così, terza monumento per MVDP, quarta in totale visto che i Fiandre sono due, oltre all'accoppiata Sanremo-Roubaix di quest'anno, e pensare che solo Tadej Pogacar ha impedito all'olandese un tris mai visto, poco più di una settimana fa costringendolo al 2° posto nella “sua” Ronde. Che avvio di 2023 per Van der Poel, che già aveva battuto Van Aert ai campionati del mondo di ciclocross, per la sua quinta maglia iridata. “E' stata la miglior campagna delle classiche in carriera – ha spiegato ai microfoni il nipote di Raymond Poulidor, che ha chiuso questa domenica la sua primavera e ritornerà a giugno al Giro di Svizzera prima di partecipare al Tour – Una delle mie migliori giornate in bicicletta, ho avuto anche fortuna e mi dispiace per quanto successo a Wout con la foratura.

La caduta di Degenkolb? Non so realmente cosa sia successo perchè è stato un attimo, in quel punto non avrei potuto fare più nulla visto che Jasper (Philipsen, ndr) si era spostato da quel lato. Mi scuso con lui se gli ho causato un danno”.

Per Wout Van Aert, che di classiche monumento ne ha vinta solo una, la Milano-Sanremo 2020, nonostante una straordinaria poliedricità, proprio quella più adatta alle sue caratteristiche, la Roubaix, svanisce ancora dopo il 2° posto del 2022. “Ero più forte di Van der Poel questa volta? Non mi piace fare discorsi di questo tipo, sicuramente Mathieu mi ha spinto al limite con i suoi attacchi, ma non mi aveva colto di sorpresa – l'analisi del fuoriclasse belga - Ero molto attento a quel che faceva, sapevo che i suoi allunghi erano gli unici pericolosi per me.

Poi ho attaccato io sul Carrefour de l'Arbre (proprio dopo lo “scontro” tra Degenkolb e gli Alpecin, ndr) e ho bucato. In quel momento mi sentivo molto forte, basta dire che con una ruota a terra ero rimasto a ruota di Van der Poel in un settore di pavé a 5 stelle di difficoltà. La gomma ha iniziato a sgonfiarsi quando mancava ancora un chilometro alla fine del tratto.

Avevo le gambe per fare di più e ci credevo ancora quando mi sono trovato ad inseguire, ma gli altri hanno pensato più al secondo posto e Philipsen chiaramente non poteva collaborare”.

Al sesto posto, miglior risultato sulle pietre dell'Inferno del Nord, un Filippo Ganna che si è dimostrato in parte deluso, visto che dopo la piazza d'onore di Sanremo e aver preparato, saltando anche il Fiandre, questa Roubaix nei minimi dettagli, forse si attendeva ancora di più. La nota positiva? Trovarsi a 15 km dalla conclusione nel gruppo dei sette che si è giocato il successo, dimostrando di avere le carte giuste per giocarsi questa corsa nel futuro, anche se battere i due fenomeni non sarà compito semplice ancora per qualche anno. “Gli ultimi 30 km sono stati pura sofferenza – ha ammesso il colosso della Ineos Grenadiers ai microfoni della Rai – Dispiace un po' perchè forse il podio si poteva fare, ma qualche collega lamenta i crampi e poi ti fa lo sprint in faccia (il riferimento non può che essere ad uno tra Pedersen e Kung, arrivati con lui nel velodromo, rispettivamente in 4^ e 5^ posizione)”.

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